Marilyn Monroe, la donna prima della diva.


Oggi, proprio nel primo giorno di giugno, Marilyn Monroe, alla nascita Norma Jeane Mortensen, dopo il battesimo Norma Jean Baker, avrebbe compiuto 96 anni. La diva per eccellenza, icona di bellezza e fascino senza tempo, la ragazza che, agli occhi del mondo, aveva “diamanti come migliori amici”, ma che nascondeva un animo intenso e una profonda tristezza. Il fascino della diva per antonomasia, un concetto che oggi è superato, ma che non ha fatto certo dimenticare a nessuno l’iconicità di figure come Marilyn, che tutt’oggi sono fonte di ispirazione per stilisti, artisti e non solo. Dietro quell’aura da star hollywoodiana, che tanto era ambita dalle giovani dell’epoca, ma che era riservata solo a poche, la Monroe nascondeva un passato difficile, un’infanzia e un’adolescenza scenario di abbondono e probabilmente di abusi e un’esistenza sofferta, caratterizzata da matrimoni falliti e dal non aver potuto realizzare il suo sogno di madre a causa della malattia di cui soffriva, l’endometriosi, ma anche delle scelte sbagliate in ambito sentimentale. La costante ricerca di affetto era ciò che si celava dietro al suo sorriso e alla facciata da diva irraggiungibile e ingenua. Ma lei era tutt’altro che ingenua. Non è stata una carriera semplice e immediata quella di Norma Jean, Hollywood e il grande successo arrivarono dopo molti anni di fallimenti e porte sbattute in faccia; la consacrazione è stata la sua salvezza, perché nella professione e nel pubblico per il quale era diventata una stella, era riuscita a colmare gran parte delle sue carenze affettive, ma la sua sensibilità, la sua fragilità e la solitudine nonostante le diverse relazioni intrecciate negli anni, la portarono, nell’ ultimo periodo della sua breve vita, a soffrire di depressione, tanto da non riuscire più a recitare con la stessa concentrazione e professionalità. Nonostante una diagnosi resa nota a tutti, quella dell’overdose da barbiturici, sulle dinamiche della sua morte rimane ancora un fitto alone di mistero. Ciò che è certo è che Marilyn sarà la diva indimenticata e indimenticabile che tutti abbiamo amato, dalla quale ci siamo fatti ispirare, della quale abbiamo ammirato iconiche pellicole cinematografiche, ma è importante ricordare che dietro quei caratterizzanti capelli biondo platino e il suo atteggiamento da diva inarrivabile, c’era una donna che ha lottato per una vita migliore, cercando in tutti i modi di essere felice, ma soprattutto una ragazza che desiderava più di ogni altra cosa al mondo di essere amata e apprezzata per il suo lavoro di attrice.

Purtroppo ancora oggi qualcuno tende a sottovalutare le sue capacità nell’ambito della sua carriera, nonostante i successi nel cinema in film senza tempo che oggi sono dei famosi cult e tre Golden Globes, l’ultimo dei quali ottenuto nel 1962. Marilyn era una donna fragile ma non ingenua, si è sempre accompagnata con uomini di un certo rilievo che fosse in ambito sportivo, cinematografico, artistico o politico: poteva scegliere uomini meno esposti, poco intelligenti o semplicemente facoltosi, da mostrare come “marito trofeo”, invece è sempre stata al fianco di personalità forti, di cui senz’altro lei necessitava per una compensazione alla mancanza di figure genitoriali sane durante la sua infanzia, l’identità del padre era sconosciuta e la madre era una donna mentalmente instabile che venne dichiarata incapace di prendersi cura di lei in quanto malata di schizofrenia, ma anche perché sapeva che al fianco di uomini del genere avrebbe avuto l’opportunità di imparare molto. Marilyn non desiderava soltanto che le venisse riconosciuto il suo brillante talento nella recitazione, ma anche scrollarsi di dosso il peso dello stereotipo della “bella e sciocca” , quindi dell’aspetto fisico a discapito dell’intelligenza. Certo, lo spettro di un’infanzia e di una giovinezza complicate, spesso veniva a galla, impossibile cancellare completamente i traumi del passato, soprattutto se si è sensibili come lo era la bella stella americana, ma la sofferenza l’aveva resa consapevole di sé stessa e delle sue doti. Nonostante l’immagine della diva senza cervello che spesso le veniva associata, Marilyn era anche una donna intelligente, che è stata capace di lasciare la provincia dove era nata per tentare la carriera, prima nella moda, poi nel cinema e dimostrare a sé stessa quanto valeva. Aveva bisogno di affetto e conferme, perché la sua autostima non era certo stata coltivata da chi l’aveva messa al mondo o cresciuta, però in realtà, la prima persona dalla quale poteva trarre maggiori soddisfazioni, era proprio lei stessa: perché per una ragazza di provincia, che ha passato un’infanzia fra gli orfanotrofi, famiglie affidatarie e parenti che poco la gradivano, negli anni ’40, ancora minorenne, approdare in città e mondi lavorativi completamente nuovi e sconosciuti, non mollare mai, nonostante le numerose delusioni iniziale della carriera, è stata una grandissima prova di coraggio e forza d’ animo. Marilyn ha avuto la sfortuna di non trovare un amore all’altezza del grande cuore che aveva, un amore che la riscattasse completamente dal suo deficit affettivo e dalle sofferenze infantili, un amore che l’avrebbe fatta sentire meno sola e che probabilmente avrebbe fatto sì che non cadesse nella trappola della depressione. Ma Marilyn, nonostante le sue fragilità e la sua breve vita, non è stata soltanto una grande diva, ma anche una grande donna, che nonostante tutti gli uomini importanti che ha avuto, in fondo, si è fatta da sola. 

Molti furono i matrimoni e le relazioni più o meno clandestine della diva, a sedici anni con James Dougherty , unione che naufragò due anni dopo, poi la star del baseball Joe DiMaggio, il drammaturgo e sceneggiatore Arthur Miller, il famosissimo cantante Frank Sinatra, lo scrittore e regista Robert Slatzer, con il quale sembra si fosse unita con un matrimonio lampo che decisero di annullare dopo soli tre giorni a causa dell’insistenza di amici e produttori che non vedevano di buon occhio la loro unione, per finire con i fratelli Kennedy, uno dei quali, Bob, sembra essere coinvolto nel mistero che aleggia ancora oggi intorno alla morte della Monroe. Tra tutti questi uomini, soltanto due, dopo la sua morte, si sono dimostrati vicini alla diva, DiMaggio, che si occupò del funerale e che per vent’anni portò rose rosse ogni anno sulla sua tomba nel giorno del compleanno della ex moglie e Slatzer, con il quale ebbe un’unione breve che qualche mala lingua considerava anche falsa, ma che a quanto pare fu forse la più intensa, in quanto il regista ha continuato a portare rose bianche a Marilyn per tutta la sua esistenza. Robert Slatzer è morto nel 2005, quindi basta un rapido conto per affermare che sono stati 43 anni di rose bianche. 

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